Greci di Napoli, una diaspora che compie 500 anni

In migliaia giunsero dopo la caduta di Costantinopoli. Si stabilirono non lontano

dal porto, intorno alla chiesa degli apostoli Pietro e Paolo realizzata nel 1518

di Marco Molino

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Fogli ingialliti ricoperti da una grafia minuta. Documenti amministrativi, registrazioni di pagamenti, atti notarili. L’Archivio di Stato di Napoli ne è pieno fino al tetto. Perché allora alcuni di questi pesanti volumi sono stati tirati fuori dagli scaffali ed esposti nelle teche (dove li potremo riscoprire fino al 15 luglio e ancora dal primo al 30 settembre)? Si tratta di pagine vecchie di cinquecento anni. Ma non basta. Questi frammenti di vita quotidiana sono soprattutto la prova di una conquista: con il loro burocratico messaggio raccontano infatti di quella stabilità e sicurezza che molti greci trovarono nella nuova casa partenopea dopo aver peregrinato lungo le rotte del Mediterraneo.

In migliaia giunsero alle falde del Vesuvio all’inizio del XVI secolo, in seguito alla caduta di Costantinopoli e all’avanzata degli ottomani. Qui ben presto s’inserirono nel tessuto produttivo e crearono la loro Confraternita, stabilendosi non lontano dal porto, intorno alla chiesa degli apostoli Pietro e Paolo realizzata nel 1518. “I greci formarono diverse comunità nel Mezzogiorno, preferendo sistemarsi sempre vicino alla costa, con la speranza di poter tornare in patria alla prima occasione”, spiega Jannis Korinthios, presidente della federazione delle Comunità elleniche in Italia e curatore della mostra sulla storia moderna dei greci a Napoli e in Campania allestita presso la sala Filangieri dell’istituto di piazzetta Grande Archivio.

 

La chiesa ortodossa in via Tommaso d’Aquino a Napoli
La chiesa ortodossa in via Tommaso d’Aquino a Napoli

L’arrivo della magna graecorum multitudo si svolse all’insegna dell’integrazione, le comunità venivano considerate minoranze nazionali e religiose protette. Molti erano militari, ma non mancavano artisti e intellettuali che portarono anche preziosi codici greci salvati dalla distruzione. Una diaspora vivace e fiorente, riunita intorno a figure carismatiche come il pittore Belisario Corenzio, giunto a Napoli nel 1570 all’età di 12 anni, di cui sono presentate riproduzioni fotografiche di alcune sue opere. La fedeltà dei greci alla terra che li aveva ospitati è testimoniata anche dalle vicende del reggimento Real Macedone fondato dai Borbone nel 1739, che arruolava giovani originari dell’Epiro, della Macedonia, della Morea e delle Isole Ioniche.

Un’integrazione, comunque, non sempre agevole. “Basta guardare le accorate lettere, i testi ufficiali e le foto di famiglia che risalgono alla Seconda Guerra mondiale – dice Korinthios – e ricordano la sorte di molti greci napoletani che furono internati per quattro anni durante il conflitto, considerati nemici pubblici e privati dei loro beni”. Nonostante le traversie, la comunità partenopea, guidata da Paul Kyprianou, mantiene ancora oggi una forte identità. Al sindaco De Magistris ha appena chiesto di restituire a via San Tommaso d’Aquino il nome originario di via dei Greci, cancellato da Mussolini nel 1923. E nel convegno sui 500 anni ellenici a Napoli, in programma il 26 giugno nel complesso di San Domenico Maggiore, forse sarà annunciata quest’altra piccola conquista.